L'articolo di Flavia Amabile sulla Stampa di oggi rende conto di quello che tutti noi genitori sappiamo da tempo: il tempo pieno, contrariamente ai proclami della Gelmini, si sta riducendo e non tutti i bambini che si iscrivono quest'anno, pur avendone fatta richiesta, ne avranno diritto. Anche nella nostra scuola probabilmente sarà così. Così tra test, graduatorie e èunteggi per scegliere i i vincitori del posto nelle classi a 40 ore, duecentomila bambini torneranno alla buona vecchia scuola che fu. cm | ||||
Benvenuti alla lotteria del tempo pieno. Partecipano in duecentomila, secondo calcoli dei sindacati. Sono i bambini italiani che hanno provato ad iscriversi alle classi di 40 ore e che ora, a giugno, all’improvviso hanno scoperto che quelle classi non ci sono e che le scuole dove si erano preparati ad andare dovranno scegliere tra loro e decine di altri bambini chi vincerà l’ambito premio. Accade anche questo nell’Italia delle scuole ormai. A Milano una scuola primaria ha 33 iscrizioni per il tempo pieno e 10 per il tempo normale. Per il momento sono state autorizzate una classe a tempo pieno e una a tempo normale. Il Consiglio di istituto ha deciso di formare la classe a tempo pieno con 25 alunni, il massimo consentito dalle norme per la sicurezza, e quella a tempo normale con i restanti 18. Sembra un problema da scuola primaria, appunto, ma ora 8 dei bambini del tempo pieno dovranno accontentarsi del tempo normale. Chi? Il consiglio di istituto ha affidato a tutti i genitori una tabella da compilare in modo da assegnare un punteggio a ciascun bambino e stilare poi la graduatoria. Nella tabella sono contenuti i criteri «variabili di valenza sociale». Si va dai 10 punti degli alunni con certificazioni disabili o invalidità a 5 punti per le famiglie con un solo genitore, e via scendendo fino a 2 punti pe run fratello o una sorella che frequentano lo stesso istituto o 1 punto soltanto assegnato all’alunno che «appartiene al bacino di utenza», o agli altri figli fino ai 14 anni. A parità di punteggio ha precedenza il bambino più anziano. E’ una lotteria, davvero. Sembra anche un po’ buffa a pensarci bene. Invece è tutto regolare. Il comma 3 dell'articolo 10 del Dpr 81 del 2009 prevede proprio questo, che in caso di difficoltà l’ultima parola spetti ai consigli di istituto. E’ compito loro indicare «i criteri di ammissione». E ognuni scuola è libera di scegliere quelli che ritiene più giusti. E dunque stamattina, dall’altra parte dell’Italia, a dimostrare che il paese è unito almeno nei problemi, accadrà qualcosa del genere. Settantotto genitori andranno davanti al preside dell’Istituto Parini per capire quale sarà il loro destino. Il preside si chiama Giuseppe Adernò e non sa davvero come risolvere il rebus. Ha 78 iscrizioni e pochi giorni fa l’ufficio solastico gli ha comunicato di aver autorizzato una sola classe a tempo pieno, una in meno dell’anno scorso. «In venticinque potranno iscriversi, ma come fare a sceglierli? Se il ministro Gelmini volesse occuparsene saremmo lieti di ospitarla a Catania e offrirle anche una granita». Il ministro non andrà a Catania. Domani in qualche direzione centrale del ministero il problema verrà posto e si tenterà di trovare una soluzione. Nel frattempo il preside stamattina spiegherà ai genitori che la scelta andrà effettuata su criteri di necessità. E sa bene che non sarà facile. «Quasi tutti lavoriamo - spiega Silvia Strano, mamma di una delle bambine iscritte al tempo pieno che non si sa se ci sarà - E abbiamo fatto molta fatica per ottenere questi lavori, perché dovremmo lasciarli ora?». Il problema ulteriore è che i giochi sono ormai fatti. «La legge non permette di iscriversi a più scuole contemporaneamente - spiega Silvia Strano - e quindi se non dovessero permetterci di iscriverci in questo istituto dove andremmo? Resta solo la possibilità delle private ma anche lì le classi sono in gran parte formate e fra noi ci sono oltre cinquanta bambini in più a dover trovare un posto altrove». | ||||
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lunedì 7 giugno 2010
La lotteria del tempo pieno
La lezione del governo alla scuola
Curzio Maltese (Il Venerdì di Repubblica – 4 giugno 2010 – pag. 11 )
Ogni tanto il governo fa anche cose buone ed è giusto riconoscerlo. La Finanziaria, per esempio, ha identificato e punito la categoria che maggiormente danneggia il Paese, la più pericolosa per la democrazia. I lettori a questo punto pen seranno agli evasori fiscali. Ma in quale Paese vivete? Gli evasori sono brave perso ne, laboriose, creano reddito, soprattutto per se stessi, votano a destra. Per questo il governo li premia con un altro condono.
D'altra parte, è a favore dell'evasione che si fanno le manovre finanziarie. Da quando Berlusconi è tornato a Palazzo Chigi, l'evasione è passata, secondo i dati del Sole 24 Ore, da cento a centoventi miliardi l'anno. Venti miliardi in più. Che bisogna recuperare da altri. Anzitutto dagli inse gnanti. Questi mascalzoni che riempiono la testa dei nostri figli di cognizioni inutili, culturame, latinorum e algoritmi. Quando potrebbero portare in classe un bello schermo ultrapiatto e sintonizzarlo per tutto il tempo della lezione sul Grande fra tello. Comunisti con il pallino dell'istruzio ne, che rovina il popolo. A loro tocca giusta mente il salasso peggiore della manovra: due miliardi di euro. Fra le nazioni del G20 soltanto una ha capito che per uscire dalla crisi il passo decisivo è tagliare l'istruzione. Questa nazione siamo noi, è l'Italia. Lo di ciamo con un brivido di orgoglio.
L'Italia ha un grande premier che ha fatto una montagna di soldi senza bisogno di conoscere il latino, Leopardi e l'inglese, ma occupandosi in prevalenza di tv, donne e pallone. Senza contare l'altro genio della ministra Gelmini. Una che per tagliare ha un vero talento. Adesso vuole anche elimi nare un paio di settimane a settembre e cominciare le scuole il primo ottobre, perché cosi, dice, si aiuta il turismo. Qualche azzeccagarbugli di sinistra potrebbe obiettare che nella nazione più turistica del Pianeta, la Francia (una volta era l'Italia, ora quin ta), le scuole cominciano a fine agosto. Altri potrebbero addirittura obiettare che ci vorrebbe in Italia un vero ministro dell'Istruzione. E perché mai? L'Italia ha già l'indice di scolarità fra i più bassi d'Europa. Basta ancora un piccolo sforzo per tornare alla felice condizione di analfabetismo di massa degli anni Cinquanta, gli anni che prepararono il boom economico.
L'unico ostacolo a questa straordinaria riforma è costituito da un milione centomila insegnanti della scuola pubblica che si ostinano a fare il proprio mestiere. Ma con questi stipendi, quanto possono anda re avanti ancora?
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