Da: “Internazionale”, 6 maggio 2011
E davanti a Bossi i ragazzi cantano l'Inno
È successo ieri a Roma: così Fratelli d'Italia è tornato ad essere il simbolo dell'unità. Una scolaresca di Cassino ha dato un'improvvisata lezione di educazione civica al leader della Lega e al governo Berlusconi-Gelmini.
E davanti a Bossi i ragazzi cantano l'Inno
È successo ieri a Roma: così Fratelli d'Italia è tornato ad essere il simbolo dell'unità. Una scolaresca di Cassino ha dato un'improvvisata lezione di educazione civica al leader della Lega e al governo Berlusconi-Gelmini.
(…) La celebrazione più significativa del centocinquantesimo dell'unità d'Italia è avvenuta ieri, spontaneamente e senza sapienze retoriche, al bar Giolitti a Roma.Una scolaresca di Cassino ha infatti "intonato" l'inno di Mameli davanti ai Bossi, padre e figlio, che mangiavano un gelato ed è probabile che l'intenzione fosse goliardica, ma il risultato è stato molto emozionante perché Bossi ha probabilmente capito che l'inno tanto più si ascolta bene quanto più è cantato male.
Umberto Bossi ha sentito che la forza improvvisata di quel canto era più efficace dell'alzabandiera e non ha ruttato, non ha esibito la proverbiale durezza padana. Ha invece mostrato una compostezza che sarebbe piaciuta a Ciampi ed è bello pensare che "la cerimonia del gelato" sia stata la sua prima prova di maturità democratica.Certo, non bisogna esagerare con la passione civile: quei ragazzi volevano giocare, lanciare uno sfottò, uno sberleffo intelligente, non una sfida degli unitari contro i federalisti, non esibire la forza degli antisecessionisti contro i separatisti.
Al di là delle intenzioni dunque, quel canto non divideva ma univa. A maggior ragione, ieri, per la spontaneità e per l'età, i cantori hanno dato una vera lezione a Berlusconi e alla Gelmini che li immaginano tutti neo sessantottini, rivoluzionari, ideologici, sciagurati eversori, braccio armato e pugno chiuso dei professori di sinistra. La contestazione, dal tempo dei carbonari e del Risorgimento, non si esprime certo con l'inno nazionale che semmai, è una rivolta al contrario, una lezione di educazione civica che quei giovani hanno impartito a un vecchio.E nessun professore comunista li dirigeva, nessun libro marxista li ispirava. (…).
Umberto Bossi ha sentito che la forza improvvisata di quel canto era più efficace dell'alzabandiera e non ha ruttato, non ha esibito la proverbiale durezza padana. Ha invece mostrato una compostezza che sarebbe piaciuta a Ciampi ed è bello pensare che "la cerimonia del gelato" sia stata la sua prima prova di maturità democratica.Certo, non bisogna esagerare con la passione civile: quei ragazzi volevano giocare, lanciare uno sfottò, uno sberleffo intelligente, non una sfida degli unitari contro i federalisti, non esibire la forza degli antisecessionisti contro i separatisti.
Al di là delle intenzioni dunque, quel canto non divideva ma univa. A maggior ragione, ieri, per la spontaneità e per l'età, i cantori hanno dato una vera lezione a Berlusconi e alla Gelmini che li immaginano tutti neo sessantottini, rivoluzionari, ideologici, sciagurati eversori, braccio armato e pugno chiuso dei professori di sinistra. La contestazione, dal tempo dei carbonari e del Risorgimento, non si esprime certo con l'inno nazionale che semmai, è una rivolta al contrario, una lezione di educazione civica che quei giovani hanno impartito a un vecchio.E nessun professore comunista li dirigeva, nessun libro marxista li ispirava. (…).
Il punto è che l'inno quando è improvvisato nell'atmosfera di una gita scolastica è molto più efficace di qualunque cerimonia. È infatti costruito con l'emozione e non con l'orchestra. Perciò coltiviamo la speranza che Bossi lo abbia ascoltato in silenzio e che poi sia andato via senza segni di disprezzo perché, da vecchio animale politico, ha capito che forse lì, davanti ad un gelato al cioccolato, l'inno finalmente si faceva popolo.
m.
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