Riportiamo di seguito il testo della lettera. Copiatela così com'è e inviatela via mail a urp@istruzione.it o via fax al n. 06.58.49.20.57.
AS
Al ministro della Pubblica Istruzione, on. Maria Stella Gelmini
A tutti i membri del governo
Egregio ministro,
lei ha presentato giovedì 18 dicembre lo schema di regolamento delle leggi 133 e 169. Lei ha parlato – come tutti i suoi predecessori – di una «riforma» storica perchè ridisegna il sistema scolastico nel suo complesso. Noi pensiamo che più che «ridisegnare» il sistema, quella che lei chiama «riforma» apra invece la strada al caos e alla distruzione.
Ma, indipendentemente da questo, vorremmo porle una questione. Nei mesi scorsi milioni di insegnanti, genitori, cittadini si sono mobilitati contro queste leggi: per lei, l'opinione e la volontà della popolazione non contano nulla? Gli scioperi di ottobre hanno rappresentato un vero referendum nel mondo della scuola: come si fa a chiamare «riforma» due provvedimenti che sollevano l'ostilità e un NO netto dell'80% di coloro che dovrebbero attuarli?
Come può pensare che su questa base la scuola italiana possa progredire?
In realtà, milioni di persone hanno compreso molto bene ciò che si nasconde dietro queste leggi. Il suo schema mette oggi nero su bianco ciò che avevamo previsto. Con i tagli, l'abolizione delle compresenze e l'utilizzo delle «maggiori disponibilità di orario rispetto alle 40 ore», lei prepara il moltiplicarsi delle figure di riferimento dei bambini, la frantumazione delle responsabilità dei docenti, il caos organizzativo, la fine del vero Tempo Pieno.
Con quale coraggio si parla di «maestro unico»? La cosiddetta «scelta» delle famiglie su ben quattro modelli orari contribuirà in realtà al «caos unico», con alunni che frequentano orari diversi, docenze «a spezzatino», insegnanti di serie A e altri di serie B, classi e gruppi flessibili che si compongono e scompongono.
Come si fa a parlare di «riforma» quando si prevede per i prossimi anni un ulteriore aumento degli alunni nelle classi, l'eliminazione degli istituti professionali statali, un attacco senza precedenti agli istituti tecnici, l'eliminazione dei diplomi attualmente rilasciati con valore legale, uguali in tutto il Paese e il taglio di moltissimi indirizzi nei licei?
Egregio ministro,
in questo grave momento, vogliamo esprimerle tutta la nostra indignazione per la mancanza di dialogo con il mondo della scuola, di ascolto vero e, francamente, anche di rispetto. Per noi, tutto ciò è inaccettabile. Nessuno di noi pensa che nella scuola italiana tutto funzioni, ma sappiamo anche che i suoi provvedimenti, lungi dal rappresentare un miglioramento, portano un ulteriore, grave peggioramento.
Per questo abbiamo ripreso immediatamente a mobilitarci con i nostri sindacati e continueremo a farlo per impedire, con tutti mezzi democratici che abbiamo a disposizione, che il piano applicativo venga attuato e aprire così la strada all'abrogazione di queste due leggi che consideriamo distruttive per la scuola pubblica. Gli insegnanti, i genitori, i sindacati, non accetteranno, ne siamo certi, lo smembramento della scuola pubblica!
Insegnanti, genitori, cittadini contro le leggi 133 e 169
lei ha presentato giovedì 18 dicembre lo schema di regolamento delle leggi 133 e 169. Lei ha parlato – come tutti i suoi predecessori – di una «riforma» storica perchè ridisegna il sistema scolastico nel suo complesso. Noi pensiamo che più che «ridisegnare» il sistema, quella che lei chiama «riforma» apra invece la strada al caos e alla distruzione.
Ma, indipendentemente da questo, vorremmo porle una questione. Nei mesi scorsi milioni di insegnanti, genitori, cittadini si sono mobilitati contro queste leggi: per lei, l'opinione e la volontà della popolazione non contano nulla? Gli scioperi di ottobre hanno rappresentato un vero referendum nel mondo della scuola: come si fa a chiamare «riforma» due provvedimenti che sollevano l'ostilità e un NO netto dell'80% di coloro che dovrebbero attuarli?
Come può pensare che su questa base la scuola italiana possa progredire?
In realtà, milioni di persone hanno compreso molto bene ciò che si nasconde dietro queste leggi. Il suo schema mette oggi nero su bianco ciò che avevamo previsto. Con i tagli, l'abolizione delle compresenze e l'utilizzo delle «maggiori disponibilità di orario rispetto alle 40 ore», lei prepara il moltiplicarsi delle figure di riferimento dei bambini, la frantumazione delle responsabilità dei docenti, il caos organizzativo, la fine del vero Tempo Pieno.
Con quale coraggio si parla di «maestro unico»? La cosiddetta «scelta» delle famiglie su ben quattro modelli orari contribuirà in realtà al «caos unico», con alunni che frequentano orari diversi, docenze «a spezzatino», insegnanti di serie A e altri di serie B, classi e gruppi flessibili che si compongono e scompongono.
Come si fa a parlare di «riforma» quando si prevede per i prossimi anni un ulteriore aumento degli alunni nelle classi, l'eliminazione degli istituti professionali statali, un attacco senza precedenti agli istituti tecnici, l'eliminazione dei diplomi attualmente rilasciati con valore legale, uguali in tutto il Paese e il taglio di moltissimi indirizzi nei licei?
Egregio ministro,
in questo grave momento, vogliamo esprimerle tutta la nostra indignazione per la mancanza di dialogo con il mondo della scuola, di ascolto vero e, francamente, anche di rispetto. Per noi, tutto ciò è inaccettabile. Nessuno di noi pensa che nella scuola italiana tutto funzioni, ma sappiamo anche che i suoi provvedimenti, lungi dal rappresentare un miglioramento, portano un ulteriore, grave peggioramento.
Per questo abbiamo ripreso immediatamente a mobilitarci con i nostri sindacati e continueremo a farlo per impedire, con tutti mezzi democratici che abbiamo a disposizione, che il piano applicativo venga attuato e aprire così la strada all'abrogazione di queste due leggi che consideriamo distruttive per la scuola pubblica. Gli insegnanti, i genitori, i sindacati, non accetteranno, ne siamo certi, lo smembramento della scuola pubblica!
Insegnanti, genitori, cittadini contro le leggi 133 e 169