giovedì 24 settembre 2009

Scuola, perché non imitiamo il Giappone?

di Pietro Greco, tratto dall'Unità del 24 settembre 2009

Tagli per 8 miliardi euro, per 132.000 posti di lavoro tra docenti e non docenti, per un numero indefinito di classi e, persino, di interi plessi in piccoli paesi. Ha ragione Dario Franceschini: quello avviato da Mariastella Gelmini non è un piano di riforma della scuola, è un tentativo di suicidio del paese. Un tentativo di suicidio lucido, organico, determinato. Che si accompagna a tagli altrettanto imponenti per l’università (1,5 miliardi di euro nei prossimi anni) e a una forte erosione degli investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico. L’obiettivo sembra chiaro: l’Italia affronta la crisi economica congiunturale con una scelta strategica di lungo periodo: rinuncia, senza combattere, a entrare nella società e nell’economia della conoscenza. Rinuncia al futuro, appunto. Una strategia che è in netto contrasto con quella di altri paesi. Perché tutti gli altri paesi non nutrono dubbi.

Tutti gli altri paesi stanno affrontando la crisi non tagliando, ma incrementando fortemente gli investimenti pubblici in educazione e ricerca. La Svezia – il paese al mondo che investe di più nel «pacchetto conoscenza» – spenderà nei prossimi anni 1,5 miliardi di euro in più nell’università. Nuove risorse per l’alta educazione e la ricerca sono state decise da governi di destra e di sinistra in Danimarca, in Francia, in Spagna. Gli Stati Uniti di Obama hanno deciso di investire 80 miliardi di dollari nei prossimi due anni per la scuola pubblica (e 20 miliardi di dollari in più per la ricerca pubblica).Maè dal Giappone che viene l’indicazione più forte. Una indicazione programmatica cui dovrebbe prestare grande attenzione la sinistra di tutto il mondo, Italia compresa. Nei progetti di Yukio Hatoyama, primo ministro designato, e del partito democratico che ha vinto le elezioni nell’arcipelago nipponico la scuola è una priorità strategica. Il governo di Tokio dovrà tagliare le spese e Yukio Hatoyama ne è consapevole. Ma pur nelle ristrettezze di bilancio il leader del centrosinistra ha annunciato che aumenterà le risorse pubbliche per la scuola, conferendo l’equivalente di 2.400 euro ogni anno alla famiglia di ogni studente per l’intero corso di studi, dalle elementari alle superiori. È unprogetto concreto di rilancio del welfare state che in più contiene unmessaggio preciso per i ragazzi e i giovani giapponesi: istruitevi, perché il vostro futuro individuale e il futuro dell’intero paese è nella conoscenza. Perché in Italia il centrosinistra non oppone ai tagli di Mariastella Gelmini e di Giulio Tremonti una proposta analoga, magarimenoeconomicamente sostanziosa, ma altrettanto semplice e chiara: 1.000 euro ogni anno alla famiglia di ogni studente per l’intero corso di studi, dalle elementari al diploma di maturità.

1 commento:

Luca da Osaka (ora in Tokyo) ha detto...

Forse chi ha scritto quell' articolo non ha molta conoscienza della situazione giapponese.
Primo sono tutte promesse elettorali spero che vengano messe in atto ma rendiamoci conto che la sinistra non ha vinto perche la gente fosse fiduciosa di tale gruppo politico.
Ha vinto perche gli elettori volevano dare una bastonata alla loro amata destra.
Dovranno darsi da fare e mantenere tutte le promesse per soppravvivere se no si ritorna alla routine della destra al governo.
Ma cio che non sa il giornalista e' che il nostro wellfare (quello italiano) e' mille volte meglio di quello giapponese.
La sinistra a solo promesso di standardizzarsi con gli altri paesi e dare degli aiuti che fino a ora non esistevano.
Ma un altra cosa che non sa il giornalista e' che in Giappone ci sono tante buone leggi di stampo sociale che nessuno pero fa rispettare. Esempio la ditta non puo licenziare un donna incinta e deve dare la maternita'.
Nel 90% dei casi la licenzia e nessuno fa nulla.
Certi giornalisti dovrebbero scrivere solo di cio che sanno ma come questo articolo sull' unita i commenti non sono permessi.