venerdì 28 gennaio 2011
Da: TORINO CLICK, 27 gennaio 2011
Anche il Centro ha il suo Ecomuseo
Da oggi anche la Circoscrizione 1 ha il suo ecomuseo. Ultimo, ma non per importanza, inaugurato questa mattina in via Dego - al piano terra della struttura che ospita da più di un anno il Centro Famiglia Famili Far - l’Eut 1 si propone di diventare un centro culturale di riferimento, un prezioso “contenitore” dedicato alla memoria storica del territorio. “L’ecomuseo è uno dei luoghi più significativi della città – ha sottolineato in conferenza l’assessore alla cultura della Città, Fiorenzo Alfieri -. È un grande esempio di collaborazione tra cittadini e territorio urbano”.
L’idea di questo spazio espositivo è nata nelle campagne delle province cittadine dove gli abitanti, desiderosi di raccogliere e conservare gli oggetti e le tradizioni tipiche della zona, hanno scelto di creare un “raccoglitore” di memoria storica, talvolta costruendo un vero e proprio edificio, altre invece riservando un’area o una stanza all’interno di uno stabile pubblico.
Da oggi anche la Circoscrizione 1 ha il suo ecomuseo. Ultimo, ma non per importanza, inaugurato questa mattina in via Dego - al piano terra della struttura che ospita da più di un anno il Centro Famiglia Famili Far - l’Eut 1 si propone di diventare un centro culturale di riferimento, un prezioso “contenitore” dedicato alla memoria storica del territorio. “L’ecomuseo è uno dei luoghi più significativi della città – ha sottolineato in conferenza l’assessore alla cultura della Città, Fiorenzo Alfieri -. È un grande esempio di collaborazione tra cittadini e territorio urbano”.
L’idea di questo spazio espositivo è nata nelle campagne delle province cittadine dove gli abitanti, desiderosi di raccogliere e conservare gli oggetti e le tradizioni tipiche della zona, hanno scelto di creare un “raccoglitore” di memoria storica, talvolta costruendo un vero e proprio edificio, altre invece riservando un’area o una stanza all’interno di uno stabile pubblico.
È stato inaugurato stamattina, con il taglio del nastro giallo-blu dal presidente della Circoscrizione 1 Massimo Guerrini e l’apertura della mostra "Una storia elementare: immagini, voci e ricordi dalla Scuola Sclopis", uno dei progetti considerato dalla circoscrizione il punto di riferimento dell’intero quartiere.
All’interno delle sale del piano terra saranno promossi programmi e iniziative per favorire, tra i residenti, un maggior senso di appartenenza alimentato dalla riscoperta dei luoghi e della loro storia.
“Inaugurare in occasione della giornata della memoria – ha ricordato Guerrini - e aprire i battenti con una mostra dal titolo significativo "Una storia elementare: immagini, voci e ricordi dalla Scuola Sclopis” è una scelta in linea con lo spirito dell’ecomuseo”. In esposizione quaderni, documenti, foto, pagelle e altri oggetti, un vero e proprio archivio di materiali posseduti dai residenti del territorio circostante nel secolo scorso e presentato con l’aiuto di studenti e insegnanti. “In questo ecomuseo è stata scelta la scuola come organismo vivente della memoria – ha detto l’assessore Alfieri – una elemento importante che aiuta a comprendere meglio il tessuto sociale e istituzionale del centro cittadino”.
Il 18 marzo, al piano terra di Palazzo Madama, prenderà il via il nuovo progetto interattivo “Museo Torino” nel quale confluiranno i lavori sulla memoria storica di tutti e dieci gli ecomusei torinesi.
m.
giovedì 27 gennaio 2011
Da: REPUBBLICA.WEB, 27 gennaio 2011
LO SCIOPERO DEL 28 GENNAIO 2011
Diritti e contratto, Fiom in piazza assieme ai Cobas e agli studenti
Il 28 la protesta dei metalmeccanici della Cgil, che contestano le norme contrattuali di Mirafiori e rivendicano gli accordi nazionali e i diritti acquisiti. Cortei e comizi in 17 città, da Torino a Termini Imerese. Accanto a loro i comitati di base, che hanno indetto anche un corteo nazionale a Roma. In piazza anche gli studenti e i precari dello spettacolo.
A TORINO, il corteo partirà da Porta Susa intorno alle 9 diretto a piazza Castello, dove avrà luogo il comizio conclusivo, che vedrà la partecipazione del segretario confederale Cgil Enrico Panini e del segretario Fiom Giorgio Airaudo, responsabile nazionale del settore auto.
m.
Da: REPUBBLICAweb, 27 gennaio 2011
Anche le scuole del Torinese rifiutano i premi della Gelmini
Torino era stata scelta come protagonista del progetto sulla valutazione dei docenti, che metteva in palio una mensilità extra per i più bravi. Ma dopo il "no" degli istituti cittadini è arrivato il diniego del resto della Provincia. E ora l'Usr cerca le 15 scuole anche nel resto della Regione.
Niente da fare: i docenti torinesi non vogliono essere valutati. A dire “no” alla sperimentazione voluta dal ministero dell’Istruzione sono state prima le scuole di Torino e poi quelle della Provincia. Per far partire il progetto occorrevano 15 scuole, ma ancora non si trovano. E ora l’Ufficio scolastico regionale ha deciso di estendere l’iniziativa a tutta la Regione. Tutto è iniziato a novembre, quando il ministero ha annunciato l’avvio della sperimentazione in quindici istituti di Torino e in altrettanti di Napoli.
Scuole materne, elementari, medie e superiori nelle quali far nascere una commissione mista (preside, docenti e genitori) che individuerà gli insegnanti più bravi in base a criteri come il curriculum, le attività extra, il gradimento di genitori e studenti. A ciascun "prof" meritevole il ministero darà in primavera una mezza mensilità in più. Ma a decidere se far aderire la propria scuola al progetto dovevano essere i collegi docenti. Che a Torino hanno detto un “no” quasi corale, con l’unica eccezione del liceo Segré. Così la scadenza, prevista per l’11 gennaio, è stata posticipata al 14 febbraio.
Ora però i volontari non si trovano. E il direttore generale dell’Usr, Francesco De Sanctis, ha deciso di inviare una circolare in cui annuncia che “il campione delle scuole partecipanti viene esteso a tutta la regione, recependo le richieste già pervenute da scuole di altre province e valorizzando in tal modo la ricchezza e la varietà delle esperienze piemontesi nel campo della valutazione e dell’autovalutazione”.
Una decisione che i Cobas, in una nota, definiscono “un’ulteriore truffa e forzatura da parte del ministero”. E rilanciano la loro azione di disturbo nei confronti della premialità ai docenti: “Invitiamo tutti i colleghi docenti a non aderire alla sperimentazione, a bocciare questo ennesimo tentativo di dividere gli insegnanti tra bravi e fannulloni”.
m.
Torino era stata scelta come protagonista del progetto sulla valutazione dei docenti, che metteva in palio una mensilità extra per i più bravi. Ma dopo il "no" degli istituti cittadini è arrivato il diniego del resto della Provincia. E ora l'Usr cerca le 15 scuole anche nel resto della Regione.
Niente da fare: i docenti torinesi non vogliono essere valutati. A dire “no” alla sperimentazione voluta dal ministero dell’Istruzione sono state prima le scuole di Torino e poi quelle della Provincia. Per far partire il progetto occorrevano 15 scuole, ma ancora non si trovano. E ora l’Ufficio scolastico regionale ha deciso di estendere l’iniziativa a tutta la Regione. Tutto è iniziato a novembre, quando il ministero ha annunciato l’avvio della sperimentazione in quindici istituti di Torino e in altrettanti di Napoli.
Scuole materne, elementari, medie e superiori nelle quali far nascere una commissione mista (preside, docenti e genitori) che individuerà gli insegnanti più bravi in base a criteri come il curriculum, le attività extra, il gradimento di genitori e studenti. A ciascun "prof" meritevole il ministero darà in primavera una mezza mensilità in più. Ma a decidere se far aderire la propria scuola al progetto dovevano essere i collegi docenti. Che a Torino hanno detto un “no” quasi corale, con l’unica eccezione del liceo Segré. Così la scadenza, prevista per l’11 gennaio, è stata posticipata al 14 febbraio.
Ora però i volontari non si trovano. E il direttore generale dell’Usr, Francesco De Sanctis, ha deciso di inviare una circolare in cui annuncia che “il campione delle scuole partecipanti viene esteso a tutta la regione, recependo le richieste già pervenute da scuole di altre province e valorizzando in tal modo la ricchezza e la varietà delle esperienze piemontesi nel campo della valutazione e dell’autovalutazione”.
Una decisione che i Cobas, in una nota, definiscono “un’ulteriore truffa e forzatura da parte del ministero”. E rilanciano la loro azione di disturbo nei confronti della premialità ai docenti: “Invitiamo tutti i colleghi docenti a non aderire alla sperimentazione, a bocciare questo ennesimo tentativo di dividere gli insegnanti tra bravi e fannulloni”.
m.
Da: LASTAMPA.web, 21 gennaio 2010
Nella fabbrica di Levi il museo della memoria
L'ex Siva di Settimo Torinese descritta da Primo Levi diventerà un museo
Da qui partirà il viaggiodel ricordo verso i Campi di sterminio
Sarà la «casa» ideale di Primo Levi e simbolicamente di ogni Resistenza di ieri e di oggi. L’ex Siva di via Leinì, a Settimo, raccontata nel romanzo «La chiave a stella», diventerà un museo multimediale dedicato allo scrittore torinese, testimone dei campi di sterminio e partigiano, cittadino e chimico, per 20 anni direttore della locale fabbrica di vernici. Passato: l’atroce ricordo delle deportazioni degli ebrei torinesi e della storia del capoluogo sabaudo, dal ventennio fascista alla ricostruzione. Ma soprattutto futuro. La palazzina liberty che fino a due anni fa rischiava di finire all’asta su eBay, non si trasformerà solo in un luogo della memoria. Diventerà il quartier generale dell’associazione culturale Terra del Fuoco. Un centro operativo di partecipazione e impegno politico e civile: verranno ospitati qui i rifugiati politici e gli attivisti provenienti da tutto il mondo.
Quei «partigiani» di oggi che, come ha fatto Primo Levi, si ribellano contro i regimi che negano loro diritti e dignità.
«L’esperimento si avvicina a quello della Maison des Journalistes di Parigi - spiega Davide Toso, responsabile del progetto -. C’è un legame strettissimo tra Levi, che ha raccontato come nessun altro l’orrore dei lager, e le migliaia di persone che vivono oggi sotto le dittature. Noi vogliamo unire con un filo rosso virtuale tutte queste resistenze».
L'ex Siva di Settimo Torinese descritta da Primo Levi diventerà un museo
Da qui partirà il viaggiodel ricordo verso i Campi di sterminio
Sarà la «casa» ideale di Primo Levi e simbolicamente di ogni Resistenza di ieri e di oggi. L’ex Siva di via Leinì, a Settimo, raccontata nel romanzo «La chiave a stella», diventerà un museo multimediale dedicato allo scrittore torinese, testimone dei campi di sterminio e partigiano, cittadino e chimico, per 20 anni direttore della locale fabbrica di vernici. Passato: l’atroce ricordo delle deportazioni degli ebrei torinesi e della storia del capoluogo sabaudo, dal ventennio fascista alla ricostruzione. Ma soprattutto futuro. La palazzina liberty che fino a due anni fa rischiava di finire all’asta su eBay, non si trasformerà solo in un luogo della memoria. Diventerà il quartier generale dell’associazione culturale Terra del Fuoco. Un centro operativo di partecipazione e impegno politico e civile: verranno ospitati qui i rifugiati politici e gli attivisti provenienti da tutto il mondo.
Quei «partigiani» di oggi che, come ha fatto Primo Levi, si ribellano contro i regimi che negano loro diritti e dignità.
«L’esperimento si avvicina a quello della Maison des Journalistes di Parigi - spiega Davide Toso, responsabile del progetto -. C’è un legame strettissimo tra Levi, che ha raccontato come nessun altro l’orrore dei lager, e le migliaia di persone che vivono oggi sotto le dittature. Noi vogliamo unire con un filo rosso virtuale tutte queste resistenze».
Il museo accoglierà tre aree. Un primo ambiente di carattere biografico, con esposizione interattiva che prenderà spunto dalla vita dell’autore di «Se questo e un uomo». Lo storico ufficio dello scrittore, sarà la «finestra» sulla sua opera e sul suo lavoro. Nei corridoi, si ripercorreranno invece le tappe della deportazione e della liberazione. Le sale che videro la fabbrica attiva nel dopoguerra narreranno «La tregua». La ricollocazione delle apparecchiature e degli strumenti da lui progettati saranno testimonianza tecnica e umana della sua storia professionale. Gli altri spazi fungeranno invece da residenza del ricordo di oggi.
Ogni anno, il Treno della Memoria partirà da qui. Così anche il Memobus, laboratorio mobile che attraversa i luoghi della Resistenza torinese, dal Rifugio antiaereo di piazza Risorgimento, alle Carceri Nuove, alla Stazione di Porta Nuova, da cui muovevano i treni dei deportati per il viaggio senza ritorno. Molte le scuole che, dall’anno prossimo, visiteranno la Siva di Settimo. Come dice Oliviero Alotto, presidente dell’associazione culturale: «Tocca a noi raccogliere il testimone dei partigiani che non ci sono più e che ci hanno insegnato a costruire una città migliore». E Michele Curto, presidente di Flare: «Tramandiamo ai ragazzi il messaggio di Levi: riappropriarsi del diritto di scegliere se esistere o vivere».
Ogni anno, il Treno della Memoria partirà da qui. Così anche il Memobus, laboratorio mobile che attraversa i luoghi della Resistenza torinese, dal Rifugio antiaereo di piazza Risorgimento, alle Carceri Nuove, alla Stazione di Porta Nuova, da cui muovevano i treni dei deportati per il viaggio senza ritorno. Molte le scuole che, dall’anno prossimo, visiteranno la Siva di Settimo. Come dice Oliviero Alotto, presidente dell’associazione culturale: «Tocca a noi raccogliere il testimone dei partigiani che non ci sono più e che ci hanno insegnato a costruire una città migliore». E Michele Curto, presidente di Flare: «Tramandiamo ai ragazzi il messaggio di Levi: riappropriarsi del diritto di scegliere se esistere o vivere».
m.
venerdì 21 gennaio 2011
Da: LASTAMPAweb
Il Tar del Lazio: no alle classi-pollaio
Accolta la class action presentata dal Codacons: troppi 35 alunni
ROMA
Accolta la class action presentata dal Codacons: troppi 35 alunni
ROMA
Il Tar del Lazio boccia le "classi-pollaio", ovvero quelle aule scolastiche nelle quali il numero di alunni supera i limiti fissati dalla legge, e intima al Ministero dell'Istruzione e dell'Economia di presentare entro 120 giorni di tempo un piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica in grado di rendere sicure le aule scolastiche per evitare il formarsi di classi da 35 o 40 alunni ciascuna.
Il Tribunale amministrativo ha infatti accolto la prima class action italiana contro la pubblica amministrazione, presentata dal Codacons con un'azione collettiva dei consumatori. Nel chiedere un pronunciamento dei giudici, il comitato aveva denunciato con un elenco depositato al Tar diverse 'classi-pollaio' nelle scuole italiane. Nel pronunciamento il Tar ha spiegato che «il piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica», previsto dalla legge, «non è stato ancora adottato» e che bisogna presto intervenire «per garantire la vivibilità degli ambienti delle scuole inidonee ad ospitare classi più numerose di quelle pregresse, nelle more di una loro necessaria riqualificazione a mezzo del piano».
«Se il ministro Gelmini non interverrà entro i 120 giorni per emettere il piano - dice il presidente del Codacons Carlo Rienzi - saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro e ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito». Con la sentenza il Tar ha anche di fatto ritenuto immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, «sgombrando il campo dai dubbi circa l'immediata vigenza ed obbligatorietà delle norme».
m.
Il Tribunale amministrativo ha infatti accolto la prima class action italiana contro la pubblica amministrazione, presentata dal Codacons con un'azione collettiva dei consumatori. Nel chiedere un pronunciamento dei giudici, il comitato aveva denunciato con un elenco depositato al Tar diverse 'classi-pollaio' nelle scuole italiane. Nel pronunciamento il Tar ha spiegato che «il piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica», previsto dalla legge, «non è stato ancora adottato» e che bisogna presto intervenire «per garantire la vivibilità degli ambienti delle scuole inidonee ad ospitare classi più numerose di quelle pregresse, nelle more di una loro necessaria riqualificazione a mezzo del piano».
«Se il ministro Gelmini non interverrà entro i 120 giorni per emettere il piano - dice il presidente del Codacons Carlo Rienzi - saremo costretti a chiedere la nomina di un commissario ad acta che si sostituisca al ministro e ottemperi a quanto disposto dal Tar. Grazie a questa sentenza, inoltre, docenti e famiglie i cui figli sono stati costretti a studiare in aule pollaio, potranno chiedere un risarcimento fino a 2.500 euro in relazione al danno esistenziale subito». Con la sentenza il Tar ha anche di fatto ritenuto immediatamente applicabile la legge sulla class action contro le amministrazioni pubbliche, «sgombrando il campo dai dubbi circa l'immediata vigenza ed obbligatorietà delle norme».
m.
martedì 18 gennaio 2011
Il partigiano indignato
A 93 anni, dopo aver fatto la resistenza e aver contribuito a costruire la Francia democratica, Stéphane Hessel ha scritto un pamphlet che invita a indignarsi contro le ingiustizie del mondo. Un successo editoriale senza precedenti, un caso editoriale e politico. Che rivela il malcontento della società francese verso le storture della globalizzazione.
m.
Perché Retescuole sostiene lo
sciopero del 28 gennaio
e perché chiede al popolo della
scuola di aderirvi.
LAVORO E SCUOLA BENI COMUNI
Retescuole e i comitati a difesa della scuola pubblica nel milanese sono costituiti da lavoratori e lavoratrici: sono i genitori che vengono eletti nei consigli di circolo e di istituto per cercare di dare un contributo al buon funzionamento della scuola pubblica, sono i genitori che hanno difeso e difendono con le unghie e coi denti il tempo pieno e il tempo prolungato, sono i docenti e gli ata che manifestano e protestano contro i tagli e le riforme disastrose per
l’avvenire delle bambine e dei bambini e delle/degli adolescenti. Quindi non abbiamo dubbi
da che parte stare se in ballo ci sono i diritti di chi lavora.
(...) Ma non si tratta di esprimere solo solidarietà a qualcuno. La scuola ha abbondanti ragioni per
protestare “per sé”. Incombe la terza ondata di tagli (vogliono sopprimere altri 35.000 posti
entro pochi mesi), il precariato dilaga, la riforma universitaria...
Fortunatamente nello stesso giorno hanno proclamato lo sciopero anche due sindacati presenti
nella scuola e nell’università (Cub e Cobas) e ciò consente la “copertura” per scioperare alle
lavoratrici e ai lavoratori della scuola che lo desiderano.
Sia il lavoro che la scuola sono “beni comuni”, diritti che vengono messi pesantemente in discussione da troppi anni. Abbiamo bisogno di dimostrare a chi ha il potere che la gente non
è disponibile a rinunciarvi. Se non lo manifestiamo chiaramente non potremo pensare di resistere
da soli nella trincea della difesa della scuola pubblica. Quei signori non si limitano a
togliere posti e soldi: tolgono futuro. E lo vediamo tutti i giorni a scuola, dove i ragazzi e persino
i bambini immaginano per sé una prospettiva di vita peggiore di quella dei propri genitori.
Quindi per il 28 gennaio noi chiediamo ai genitori e agli studenti di manifestare come possono
la loro adesione allo sciopero, alle lavoratrici ed ai lavoratori della scuola di scioperare,
chiediamo a tutte e tutti di partecipare in maniera unitaria alle manifestazioni regionali che si
terranno, costituendo e rafforzando lo spezzone della scuola e dell’università.
info: www.retescuole.net
m
Retescuole e i comitati a difesa della scuola pubblica nel milanese sono costituiti da lavoratori e lavoratrici: sono i genitori che vengono eletti nei consigli di circolo e di istituto per cercare di dare un contributo al buon funzionamento della scuola pubblica, sono i genitori che hanno difeso e difendono con le unghie e coi denti il tempo pieno e il tempo prolungato, sono i docenti e gli ata che manifestano e protestano contro i tagli e le riforme disastrose per
l’avvenire delle bambine e dei bambini e delle/degli adolescenti. Quindi non abbiamo dubbi
da che parte stare se in ballo ci sono i diritti di chi lavora.
(...) Ma non si tratta di esprimere solo solidarietà a qualcuno. La scuola ha abbondanti ragioni per
protestare “per sé”. Incombe la terza ondata di tagli (vogliono sopprimere altri 35.000 posti
entro pochi mesi), il precariato dilaga, la riforma universitaria...
Fortunatamente nello stesso giorno hanno proclamato lo sciopero anche due sindacati presenti
nella scuola e nell’università (Cub e Cobas) e ciò consente la “copertura” per scioperare alle
lavoratrici e ai lavoratori della scuola che lo desiderano.
Sia il lavoro che la scuola sono “beni comuni”, diritti che vengono messi pesantemente in discussione da troppi anni. Abbiamo bisogno di dimostrare a chi ha il potere che la gente non
è disponibile a rinunciarvi. Se non lo manifestiamo chiaramente non potremo pensare di resistere
da soli nella trincea della difesa della scuola pubblica. Quei signori non si limitano a
togliere posti e soldi: tolgono futuro. E lo vediamo tutti i giorni a scuola, dove i ragazzi e persino
i bambini immaginano per sé una prospettiva di vita peggiore di quella dei propri genitori.
Quindi per il 28 gennaio noi chiediamo ai genitori e agli studenti di manifestare come possono
la loro adesione allo sciopero, alle lavoratrici ed ai lavoratori della scuola di scioperare,
chiediamo a tutte e tutti di partecipare in maniera unitaria alle manifestazioni regionali che si
terranno, costituendo e rafforzando lo spezzone della scuola e dell’università.
info: www.retescuole.net
m
venerdì 14 gennaio 2011
Da: Retescuole, 12 gennaio 2011
Vademecum per portare la Gelmini in tribunale e ottenere il riconoscimento dei propri diritti per bambini con disabilità
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A Milano è successa una cosa importante in questo inizio d’anno: il tribunale ha stabilito che ridurre le ore di sostegno ai minori con disabilità è atto discriminatorio.
Non è la prima volta che le famiglie di questi bambini si rivolgono alla giustizia per vedere ripristinata una situazione almeno vivibile per i propri figli. Ma si trattava sempre di ricorsi al Tar, vinti per altro nella stragrande maggioranza dei casi, ma fonte di un tardivo rimedio che spesso non cambiava di molto l’esito dell’anno scolastico. Qui invece siamo di fronte alla condanna di un tribunale ordinario che accetta la tesi che non si può ledere un diritto primario dell’individuo, in questo caso il diritto all’istruzione, in nome di un riordino dei conti pubblici. Semplicemente non si può, perché questo diritto è sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
Come è nata l’idea di questo ricorso?
Nel lavoro preparatorio del convegno “Tutti a scuola – il diritto all’istruzione dei minori con disabilità”, organizzato dal presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano, Ines Patrizia Quartieri nel novembre scorso, sono state fatte incontrare le esigenze delle famiglie, le competenze di Ledha Milano (Lega per i diritti delle persone con disabilità) e quelle di Avvocati per niente onlus, un’associazione di legali che mette a disposizione il proprio lavoro per cause di rilevanza sociale. Livio Neri, uno di questi bravissimi legali, ha studiato con i colleghi la situazione, trovando la via per un nuovo importante approccio al tema.
Paura eh?
Che il ricorso, e la sua felice conclusione (il tribunale di Milano concede infatti 30 giorni di tempo per ripristinare una situazione di diritto nelle scuole dei 17 allievi coinvolti) facciano paura al Ministero e alla maggioranza in Parlamento si comprende dalla conclusione dell’articolo a firma Dino Bondavalli dedicato a questa vicenda e pubblicato da Libero l’11 gennaio 2011. «Tutto ciò in virtù di una sentenza che rischia di scatenare una pioggia di ricorsi in ogni parte d’Italia, sulla quale Paola Frassinetti, vicepresidente della Commissione istruzione della Camera, esprime forte preoccupazione “Intervenire con sentenze su una materia così delicata impedisce l’integrazione degli studenti disabili nei confronti dei quali non c’è nessuna attività discriminatoria, visto che hanno a disposizione altri strumenti”». Sorvolando sul fatto che a fare danni sarebbe chi ripristina condizioni di diritto e nell’attesa di scoprire quali altri strumenti avrebbero a disposizione per l’integrazione i bambini con disabilità, che attualmente non fanno che prendere porte in faccia anche dalle amministrazioni locali, resta da osservare che sono parecchio preoccupati della pioggia di ricorsi.
Si può fare!!
E allora accontentiamoli, giù con i ricorsi come se piovesse, perché diventi assolutamente anti-economico, per lo Stato, risparmiare sulla pelle dei bambini con disabilità.
m.
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A Milano è successa una cosa importante in questo inizio d’anno: il tribunale ha stabilito che ridurre le ore di sostegno ai minori con disabilità è atto discriminatorio.
Non è la prima volta che le famiglie di questi bambini si rivolgono alla giustizia per vedere ripristinata una situazione almeno vivibile per i propri figli. Ma si trattava sempre di ricorsi al Tar, vinti per altro nella stragrande maggioranza dei casi, ma fonte di un tardivo rimedio che spesso non cambiava di molto l’esito dell’anno scolastico. Qui invece siamo di fronte alla condanna di un tribunale ordinario che accetta la tesi che non si può ledere un diritto primario dell’individuo, in questo caso il diritto all’istruzione, in nome di un riordino dei conti pubblici. Semplicemente non si può, perché questo diritto è sancito dalla Costituzione della Repubblica Italiana.
Come è nata l’idea di questo ricorso?
Nel lavoro preparatorio del convegno “Tutti a scuola – il diritto all’istruzione dei minori con disabilità”, organizzato dal presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano, Ines Patrizia Quartieri nel novembre scorso, sono state fatte incontrare le esigenze delle famiglie, le competenze di Ledha Milano (Lega per i diritti delle persone con disabilità) e quelle di Avvocati per niente onlus, un’associazione di legali che mette a disposizione il proprio lavoro per cause di rilevanza sociale. Livio Neri, uno di questi bravissimi legali, ha studiato con i colleghi la situazione, trovando la via per un nuovo importante approccio al tema.
Paura eh?
Che il ricorso, e la sua felice conclusione (il tribunale di Milano concede infatti 30 giorni di tempo per ripristinare una situazione di diritto nelle scuole dei 17 allievi coinvolti) facciano paura al Ministero e alla maggioranza in Parlamento si comprende dalla conclusione dell’articolo a firma Dino Bondavalli dedicato a questa vicenda e pubblicato da Libero l’11 gennaio 2011. «Tutto ciò in virtù di una sentenza che rischia di scatenare una pioggia di ricorsi in ogni parte d’Italia, sulla quale Paola Frassinetti, vicepresidente della Commissione istruzione della Camera, esprime forte preoccupazione “Intervenire con sentenze su una materia così delicata impedisce l’integrazione degli studenti disabili nei confronti dei quali non c’è nessuna attività discriminatoria, visto che hanno a disposizione altri strumenti”». Sorvolando sul fatto che a fare danni sarebbe chi ripristina condizioni di diritto e nell’attesa di scoprire quali altri strumenti avrebbero a disposizione per l’integrazione i bambini con disabilità, che attualmente non fanno che prendere porte in faccia anche dalle amministrazioni locali, resta da osservare che sono parecchio preoccupati della pioggia di ricorsi.
Si può fare!!
E allora accontentiamoli, giù con i ricorsi come se piovesse, perché diventi assolutamente anti-economico, per lo Stato, risparmiare sulla pelle dei bambini con disabilità.
m.
giovedì 13 gennaio 2011
RINUNCIARE AI PROPRI DIRITTI O PERDERE IL LAVORO:
una questione che riguarda tutti noi cittadini, non soltanto gli operai FIAT, chiamati oggi ad addossarsi una responsabilità che in ogni caso avrà conseguenze gravissime
una mentalità arrogante e vampira che si fa beffe di etica, dignità e rispetto umano, cerca di vendere l'epoca dei padroni delle ferriere come l'unica alternativa possibile...
una mentalità arrogante e vampira che si fa beffe di etica, dignità e rispetto umano, cerca di vendere l'epoca dei padroni delle ferriere come l'unica alternativa possibile...
m.
Addio al tempo pieno nelle scuole: alle medie resiste una classe su cinque
Crollo dopo i tagli della Gelmini: in due anni la scuola media ha perso 14mila cattedre anche se ciò sono 33mila alunni in più. E i genitori protestano. Lazio, Marche ed Emilia-Romagna le Regioni più colpite. Al top Basilicata, Sardegna e Calabria
Per leggere l'articolo completo: www.repubblica.it/ilcaso
Crollo dopo i tagli della Gelmini: in due anni la scuola media ha perso 14mila cattedre anche se ciò sono 33mila alunni in più. E i genitori protestano. Lazio, Marche ed Emilia-Romagna le Regioni più colpite. Al top Basilicata, Sardegna e Calabria
Per leggere l'articolo completo: www.repubblica.it/ilcaso
m.
martedì 11 gennaio 2011
Da: "Il Buongiorno di Massimo Gramellini", La Stampa, 23 dicembre 2010
(...) in una scuola di Torino va in scena il classico spettacolo di Natale alla presenza delle famiglie. Ogni bambino sale sul palco ed esprime un desiderio per l’anno nuovo.
Il primo dice: «Vorrei essere più bravo coi nonni».
Il secondo: «Vorrei un certo videogioco».
Il terzo: «Vorrei ci fosse ancora il lavoro per mamma e papà».
Nella sala scende il gelo, la realtà è una pasta abrasiva e certe cose non si confessano neanche in tv. Un amico presente alla scena commenta: è un mondo al contrario, quello in cui sono i figli a desiderare un posto per i genitori, ma forse l’unica speranza che resta, a questo mondo, è proprio un bambino che al futuro non chiede un giocattolo ma un lavoro per mamma e papà.
m.
Il primo dice: «Vorrei essere più bravo coi nonni».
Il secondo: «Vorrei un certo videogioco».
Il terzo: «Vorrei ci fosse ancora il lavoro per mamma e papà».
Nella sala scende il gelo, la realtà è una pasta abrasiva e certe cose non si confessano neanche in tv. Un amico presente alla scena commenta: è un mondo al contrario, quello in cui sono i figli a desiderare un posto per i genitori, ma forse l’unica speranza che resta, a questo mondo, è proprio un bambino che al futuro non chiede un giocattolo ma un lavoro per mamma e papà.
m.
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