giovedì 6 novembre 2008

Tu Vuo’ Fa’ l’Americano



C'è un mito che va sfatato. In questi che sono i giorni dell'elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti, si rincorrono tra i blog e in internet i commenti su questo outsider, questo uomo venuto dal nulla che però sì, ha poi frequentato le migliori università da cui escono i veri leader.


Come se in Italia dalle università uscissero dei cani.


Il punto, a mio parere è un altro. Vediamo com'è strutturata la società americana. In America, si sa, è tutto privatizzato. I servizi pubblici sono minimi e sono decisamente scadenti. Non sempre, ma generalmente sì.


Allora ammettiamo che voi siate una famiglia americana. Quando vi nascono i figli si pone anche per voi il problema delle scuole in cui mandarli. A iniziare dal daycare in poi - l'asilo, per intenderci - che è privato e costa moltissimi soldi, determinante sarà la zona in cui abiterete. Perché la casa si sceglie in base alle scuole. Ovvero le scuole buone nascono intorno ai quartieri per bene. Sarebbe come affermare che se vai a scuola in Crocetta a Torino probabilmente avrai una buona istruzione, conoscerai le persone giuste, entrerai nei giri giusti e nella vita sarai un vincente. Se vai a scuola alla Falchera per te non ci sono possibilità. So che molti credono che sia già così. Ma grazie al cielo non è vero. Perché le maestre che insegnano in tutte le scuole pubbliche d'Italia sono maestre inserite in una graduatoria e qualificate per insegnare. Non è un mercato del lavoro in cui le migliori maestre vengono cooptate dalle scuole dei quartieri chic, dove appunto pagano meglio perché lì c'è la gente con i soldi e le case costano di più e quindi è giusto che se le garantiscano loro. Le migliori maestre sono anche alla Falchera.


Allora seguiamo questo percorso che porta fino all'università. Le università americane hanno rette da brividi. Costano migliaia di euro all'anno. Migliaia di euro. È vero che ci sono delle borse di studio, ma non sono tantissime. Per la maggior parte le amministrazioni prevedono piuttosto un piano di rimborso per quando il laureato entrerà nel mercato del lavoro. Praticamente inizi a lavorare e per anni e anni devi rimborsare migliaia di euro. Ora, quello che mi sembra interessante sottolineare, è che questo non è un tanto un principio meritocratico, come continuano tutti a urlare. È facile per una gazzella dire che è la più forte delle gazzelle, fino a che il recinto rimane chiuso ai leoni. Ma nelle università americane il principio è, ancora una volta, quello della produttività. Se vuoi studiare, paga. Produci ricchezza per chi ti offre cultura. A parte il fatto che presuppone una ricchezza di partenza o un mercato del lavoro con salari in grado di ripagare questo debito, ritengo che l'accesso alla cultura debba essere libero e non mercificato. In Italia sostanzialmente abbiamo tutti la possibilità di andarci, all'università, mentre negli Stati Uniti ci sono persone che crescono non pensando nemmeno lontanamente che l'università sia un approdo possibile per loro.


Quindi sì, il sogno americano è possibile, Obama ce lo conferma. Ma non crediamo che sia realizzabile per tutti. Perché, appunto, è americano.


CV

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Non so se siano proponibili confronti fra realtà così differenti come Italia e Stati Uniti, con stili di vita così lontani e cifre di vari ordini di grandezza diverse. Però non hai detto che anche negli USA esiste una scuola pubblica e che la scolarità è elevata in quel paese anche nei ceti meno abbienti..da alcune statistiche mi risulta una percentuale di laureati superiore al 40%, e un tasso di analfabetismo molto più basso di quello italiano; questa percezione di facile accesso all'istruzione l'ho avuta anche dalla conoscenza occasionale di persone provenienti dagli USA, o che negli USA sono emigrate. Poi sarà vero che non tutti vanno a Harvard, ma i titoli di studio rilasciati da tanti corsi di laurea di facoltà italiane non hanno molto valore in più di quelli conseguiti in università anonime americane (insomma non mi vorrai dire che qui in Italia abbiamo molte Columbia University, o Yale ecc) E come puoi negare che in Italia ci sia una forte ripercussione della situazione "topografica","geografica", finanziaria e sociale della famiglia sulle possibilità formative dei bambini e dei ragazzi; non c'è confronto fra Crocetta e Falchera, o porta palazzo, per rimanere solo a Torino, che già è una realtà privilegiata rispetto ad altre italiane, anche se alla fine il "pezzo di carta" ha lo stesso valore legale; ma che cosa c'è dietro? E non è vero che tutti gli insegnanti sono qualificati: molti sono solo diplomati\laureati (addirittura alcuni sono solo studenti universitari), ci sono i supplenti nominati dai dirigenti scolastici, i precari che non hanno mai superato un concorso e che maturano punteggio solo grazie all'esperienza; e gli insegnanti di ruolo scelgono la cattedra in base alla posizione in graduatoria, non è così? e poi, ammesso che possano capitare ottimi professori anche a porta palazzo, a dispetto delle graduatorie che valgono quel che valgono o delle selezioni inesistenti, rimane la realtà sociale delle famiglie, l'atttenzione che dedicano e il valore che attribuiscono all'istruzione, coi quale possono anche pesantemente influenzare l'operato delle scuole, la possibilità di contribuire alla formazione anche con ciò che la scuola non riesce a offrire (la musica? le lingue? i viaggi? i contatti con la realtà) Non dimentichiamo poi che certe cose la scuola te le insegna solo sulla carta: quanti conoscono l'inglese, la storia, la filosofia, la fisica, la matematica al termine delle scuole superiori? Perché tanto successo di volumetti tipo"La filosofia spiegata ai cretini" o "L'Iliade raccontata ai bradipsichici" se l'iliade e la filosofia le abbiamo studiate tutti a scuola??? E nelle materie umanistiche stiamo già meglio che in quelle scientifiche, secondo quanto dicono di noi. Poi, magari, se sei abbastanza fiducioso in te stesso da provare a iscriverti ad una facoltà universitaria qualsivoglia, potrai diventare un mediocre o anche un ottimo tecnico, che cercherà di rattoppare le proprie falle culturali frequentando corsi e leggendo, o magari anche aiutando i propri pargoli delle elementari...ma ben diverse sono le tue priospettive se sei figlio di un professore di fisica quantistica e se hai studiato al d'azeglio di torino o al visconti di roma o che ne so io, frequentando parallelamente il conservatorio, la british school, il goethe Institut, viaggiando regolarmente negli USA e in sud africa, magari facendo un anno in Australia a spese di mamma e papà... tutte abitudini poco diffuse alla Falchera, o a porta palazzo, dove già i giardinetti nei quali ti porta la mamma da lattante hanno poco a che vedere con quelli di altri quartieri o di altre città, anche se sono ugualmente pubblici e finanziati da tutti noi, come la scuola e tutto il resto.
Donatella
PS senza per questo essere dalla parte della Gelmini e dei suoi mentori, intendiamoci bene

Anonimo ha detto...

proprio per questo ci sono le scuole pubbliche che, grazie al cielo, ti danno buone prospettive anche se il tuo contesto extrascolastico non è lo stesso del bambino che abita a un km da te. lo vediamo nel nostro quartiere, dove l'integrazione è, oltre che un dato di fatto, una scelta. ed è questa scelta che difendiamo, sostanzialmente. perché il punto è che se si toglie ai bambini la possibilità di avvicinarsi quanto più al proprio potenziale (qualsiasi esso sia), si favoriscono le ghettizzazioni e si paralizza la mobilità sociale.

CV

Anonimo ha detto...

Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. E allora va bene: viva l'eccellente scuola italiana, anche se il più delle volte sforna ignoranti, che per fortuna però hanno la possibilità di diventare insegnanti o dirigenti o ministri, per le magnifiche e progressive sorti del paese.
Donatella